Tanto controverso quanto difficoltoso è stabilire l’esistenza di un diritto quando questo non è positivizzato, ovverosia espressamente indicato da una fonte scritta.
Probabilmente è ragionevole individuare il diritto all’anonimato online nella macro materia del diritto alla privacy, riconosciuto come un diritto fondamentale dell’individuo.
Cito testualmente il disposto dell’articolo 2 della Costituzione:
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale.”
La norma in esame volutamente non elenca un catalogo di diritti inviolabili, essendo quindi estendibile nel tempo la percezione dei diritti ritenuti tali.
Inoltre l’articolo sembra voler porre un limite al legislatore, non potendo revocare quell’insieme di diritti riconosciti come la base dell’assetto democratico del paese.
Una volta ricavato in sede interpretativa la connessione tra la riservatezza nell’universo del world wide web e la Costituzione italiana possiamo guardare a nuove fonti.
Mi riferisco della “Dichiarazione dei diritti in internet”, promossa ed approvata dall’ONU il 14 Luglio del 2015.
L’art.10, comma 1°, rubricato come “Protezione all’anonimato”, dispone:
«Ogni persona può accedere alla rete e comunicare elettronicamente usando strumenti anche di natura tecnica che proteggano l’anonimato ed evitino la raccolta di dati personali, in particolare per esercitare le libertà
civili e politiche senza subire discriminazioni o censure.»
Il disposto sopra citato riconosce e legittima l’utilizzo di
VPN e TOR (Leggi a tal proposito l’articolo dedicato), ritenendoli necessari al fine di proteggere se ed altri da repressioni di qualsiasi tipo, dalla più basilare libertà, come la manifestazione del pensiero, a discriminazioni di
tipo sessuale, etnico, religioso, o politico.
Ma vi sono due appunti da fare:
1. Non è un diritto illimitato, perché non esistono diritti illimitati.
Per esemplificare, si pensi all’art.13 della Costituzione, il quale prevede che la libertà personale è inviolabile.
Ma vi sono casi in cui la perquisizione o la detenzione risulta essere necessaria quando vi sono fondati motivi per ritenere che sia stato commesso un reato.
Infatti il comma secondo articolo dell’art.10 della dichiarazione delle Nazioni Unite sul tema prevede che «limitazioni possono essere previste solo quando siano giustificate dall’esigenza di tutelare rilevanti interessi pubblici e risultino necessarie, proporzionate, fondate sulla legge e nel rispetto dei caratteri propri di una società democratica».

Questo vuol dire che in taluni casi si ritiene prevalente l’interesse pubblico, rispetto alla riservatezza informatica.
2. Tale diritto rappresenta un paradosso perché è riconosciuto, ma non garantito.
Mi spiego: non esiste un legislatore o un governo od ordine mondiale.
Le dichiarazioni poste in essere dall’ONU sono mere dichiarazioni di principi, pertanto non vincolanti per i 193 Stati aderenti all’organizzazione.
Un diritto si può ritenere garantito solo quando in caso di violazione ingiustificata vi sia una sanzione efficace a punire il trasgressore.
La scarna legislazione in tema non va confusa con il Regolamento (UE) 2016/679, ossia il GDPR.
La finalità dell’atto, vincolante per tutti i Stati membri dell’Unione Europea, ha la finalità proteggere e disciplinare in modo univoco il diritto alla protezione dei dati personali e la circolazione di essi, spingendo verso il consenso esplicito dell’utente.
In conclusione, si può ritenere che tale diritto implicitamente rientri in quell’insieme indefinito di cui all’art.2 Cost., ma parliamo della mia modestissima opinione.
Non vi è certezza alla domanda del titolo.
Seppur nell’epoca della globalizzazione il riconoscimento dell’anonimato online dovrebbe essere scontato in uno Stato sociale di diritto, in quanto è compito di esso tutelare i suoi cittadini in ogni formazione sociale ove si svolge la sua personalità, in ottemperanza del dettato costituzionale sopra analizzato.
Le fonti internazionali ci vengono parzialmente in soccorso, ma ciò che emerge è la pigrizia di un legislatore che ha in primis l’obbligo di garantire diritti, non comizi.
Vito Coviello
Finalmente qualcosa di sensato,che aiuta l’individuo a capire sempre di più norme di legge sulla privacy,a fare un ragionamento cognitivo….